
07 Giu Pigrizia, problema o risorsa?
Pigrizia, problema o risorsa?
Pigrizia è una parola che evoca tipicamente immagini negative, soprattutto nella società moderna fatta di obiettivi e vivere frenetico. Nella mia esperienza con aziende e vita privata il concetto di pigrizia è legato a immobilità, atarassia (nel suo senso più negativo), fallimento e mediocrità.
Le neuroscienze hanno scoperto un legame fra il neurotrasmettitore dopamina e la pigrizia. Ma al di là delle spiegazioni mediche, essere pigro è un problema o una risorsa?
Per prima cosa diamo una definizione
Pigrizia: “la riluttanza a svolgere un’attività o a fare uno sforzo nonostante si abbia la capacità di agire o di sforzarsi”. A livello intellettuale: “atteggiamento di torpore della mente che si mostra lenta o trascurata nella ricerca della verità e nell’arricchimento delle proprie conoscenze.”
Un soggetto che abbia i mezzi per agire e non la volontà può essere considerato pigro. D’altro canto se pensiamo a come noi e il nostro cervello si sono evoluti dobbiamo considerare che spendere il minor quantitativo di energia e focalizzarsi sulle ricompense immediate è stato un vantaggio evolutivo per centinaia di migliaia di anni.
Per la mente, qualsiasi comportamento che non presenti una ricompensa immediata è inutile (o, al limite, poco vantaggioso). I meccanismi psicologici legati alla ricompensa immediata sono più antichi di quelli cognitivi che guidano verso un obiettivo (mettersi in forma, stare in salute, impegnarsi per un risultato incerto e lontano…). Questo concetto è un dei cardini del mio corso sul cambiamento delle abitudini.

La pigrizia e l’inganno del tempo
Un altro elemento che contribuisce alla pigrizia è quello che chiamo “l’inganno del tempo” cioè la percezione di avere tempo di fare in futuro ciò che non riusciamo a fare ora. Un principio ben spiegato nel saggio “La legge di Parkinson” di Cyryil Northcote Parkinson.
Suzanne Shu, scienziata della Cornell University ha condotto uno studio a Chicago, dimostrando che, che la gran parte delle persone che si trasferivano altrove per lavoro, nei giorni precedenti alla partenza cercavano di fare qualche visita del centro città, perché non l’avevano mai visto. Finché vivevano lì pensavano di avere molto tempo per farlo.
In effetti, sottostimare l’impegno necessario al completamento di un lavoro è un fenomeno ben noto agli scienziati che studiano la percezione del tempo: quando pensiamo a che cosa accadrà nelle prossime settimane abbiamo poche informazioni (molto meno di quanto riteniamo) che ci aiutano a stimarne la durata. Quindi ci permettiamo di scivolare nella pigrizia fiduciosi che domani faremo ciò che oggi non siamo riusciti a fare.
Pigrizia e motivazione
Il principale indiziato in questo frangente è la motivazione. Come abbiamo visto sopra ci possono essere altri motivi, tuttavia la motivazione gioca un ruolo importante nella capacità di fare ciò che serve.
Lo psicologo britannico Neel Burton (specializzato in atarassia) fa notare come la motivazione sia legata all’autostima che influisce sulla nostra autodisciplina. Meno autostima abbiamo, meno siamo motivati e disciplinati nel perseguire un obiettivo. Mancando l’obiettivo, si abbassa l’autostima e la motivazione creando un circolo vizioso che ci incatena alla pigrizia.
Paura del fallimento
Altro aspetto è la paura di fallire. Una protezione che ci mette al riparo da confrontarci con i nostri fallimenti, un vero e proprio bias cognitivo che salvaguardia il nostro ego chiudendoci nella convinzione (più o meno consapevole): “non è che ho fallito, è che non ci ho nemmeno provato“.

Quindi la pigrizia è un problema?
Se la vediamo con Robert Heinlein, ingegnere aeronautico, ufficiale di marina e autore di fantascienza, che diceva: “Il progresso non è fatto dai mattinieri. È fatto da uomini pigri che cercano di trovare modi più semplici per fare qualcosa“, possiamo intravedere un vantaggio nella pigrizia. Del resto il progresso è anche semplificare ciò che in passato era complicato.
Attendere e procrastinare ci permette di valutare meglio la situazione, immaginare diversi scenari ed evitare clamorosi errori. Questo aiuta anche il pensiero laterale (la creatività) e l’insorgere spontaneo di soluzioni alternative e scenari inediti.
Infine, ma non per importanza, le ricerche scientifiche in ambito neurologico e psicologico, hanno più che evidenziato l’importanza del riposo. Studi e ricerche dimostrano come, sia molto più vantaggioso, intervallare il lavoro e l’impegno con momenti di riposo.
Nella nostra società, come dicevamo sopra, la pigrizia è mal vista. Una vita impegnata (al limite della frenesia) ci fa percepire di stare al passo, essere “sul pezzo”, progredire e non rimanere indietro. Il mondo moderno afferma che, il duro lavoro è moralmente superiore al relax, che le persone improduttive hanno un valore intrinseco inferiore rispetto alle persone produttive. Questo tipo di atteggiamento porta a una quantità di stress difficilmente gestibile e al rischio di un comportamento fortemente reattivo, piuttosto che proattivo..
La via giusta è una sana flessibilità, apprezzare i momenti di dolce far niente, mentre la mente vaga nelle sue fantasie, sempreché non diventi immobilismo.
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